Gianni Dova nasce a Roma nel 1925. Si trasferisce con la famiglia giovanissimo a Milano.
Dal 1942 al 1945 frequenta il Liceo Artistico di Brera ed entra in contatto con l’ambiente culturale milanese. In questi anni conosce e frequenta gli artisti che si riuniscono nei caffè di Brera. Le tematiche del gruppo di Corrente e l’esperienza di Picasso animano il dibattito in quegli anni.
Si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera nel 1945 e inizia poco dopo la sua carriera artistica. Inizialmente, come tanti artisti della sua stessa generazione, rivolge l’attenzione all’ opera di Picasso. La prima produzione infatti è essenzialmente neo-cubista.
A ridosso del 1950, l’amicizia con Lucio Fontana, lo avvicina alle tematiche dello spazialismo di cui firmerà quasi tutti i manifesti programmatici. Nella personale del 1951 presso la Galleria il Milione presenta al pubblico la sua nuova pittura “nucleare” e “informale”.
Formalmente aderisce allo spazialismo, tecnicamente si avvicina più all’arte nucleare di Baj e Dangelo.
Nel 1953 si esaurisce l’esperienza spaziale/nucleare e si avvicina a composizioni surrealiste in cui forme zoomorfe ed embrionali occupano la scena.
Le tre partecipazioni alle edizioni del 1952, 1954 e 1956 della Biennale di Venezia, gli danno grande visibilità e nel 1956 inizia il suo percorso espositivo internazionale.
In questi anni il suo lavoro si divide fra Milano, Anversa e Parigi. Partecipa alle maggiori manifestazioni internazionali: Biennale di San Paolo, Documenta a Kassel, Phases, Salon de Mai, Asahi Tokyo.
Del 1957 è la sua esposizione personale al Museo delle Belle Arti di Bruxelles.
E’ premiato alla Quadriennale di Roma nel 1959.
La critica internazionale più autorevole scrive di Gianni Dova.
Verso la fine degli anni 50, le composizioni pittoriche di Dova si ingentiliscono. La simbologia angosciante e minacciosa caratteristica delle opere della seconda metà degli anni 50 lascia il posto a figure più rassicuranti e spesso a toni cromatici più solari.
Gli anni Sessanta lo vedono fra i protagonisti del nuovo linguaggio artistico italiano. Partecipa a numerose collettive a Parigi, Lima, New York, Amsterdam, Bruxelles, Johannesburg, Oslo.
Nel 1962 gli viene riservata una sala personale alla Biennale di Venezia.
Verso la fine degli anni 60, la sua pittura muta nuovamente. Soggiorna lungamente in Bretagna. Quei luoghi e le luci fredde che li caratterizzano entrano con gran forza nei suoi dipinti che si contraddistinguono ora da un profondo naturalismo che lo accompagnerà fino alla termine degli anni 70.
Negli ultimi venti anni di carriera, si abbandona ad una pittura più rarefatta. Il naturalismo si dissolve sempre più diventando quasi esperienza informale e di matrice introspettiva.
Muore nel 1991.